C’è molto ordine tra i macchinari di un tempo e gli attrezzi sono tutti allineati, la musica esce da una vecchia radio, i fasci di luce sono funzionali al lavoro e sono soprattutto le mani ad emergere dalla penombra.
Difficile dire di primo acchito a chi appartengano.
Da una parte c’è l’artista, dall’altra l’artigiano.
Sono nella stessa stanza, ma non lavorano mai assieme.
Sono nella stessa persona ma si parlano appena. A volte lo fanno sottovoce, ma è come se non volessero davvero comunicare tra loro. E in effetti non lo vogliono quasi mai.
Ascoltano la stessa musica, meglio se rock, hanno lo stesso muso duro della concentrazione, ma non utilizzano mai gli stessi strumenti, né lo stesso linguaggio.
Da una parte c’è l’ispirazione, dall’altra la razionalità.
Da una parte c’è la poesia la cui unica legge è quella misteriosa della bellezza, dall’altra il calcolo, la matematica, la precisione, l’aspirazione all’assenza totale di errore.
Da una parte ci sono la mente e il cuore che possono inventare forme infinite, dall’altra ci sono i numeri che non lasciano spazio al libero arbitrio.
Il fatto è che l’arte in realtà non ha bisogno della manualità e per assurdo potrebbe esistere anche senza la sua parte incarnata. Non ha scopo.
D’altro canto il lavoro artigianale di un meccanismo perfetto è svincolato da qualunque idea perché basta a se stesso. Funziona.
Sono due le anime di Alberto quando scende nel suo laboratorio.
E quando vuole spegnere la sensibilità lui accende il tornio, che è una sorta di scudo, splendente e scintillante come si conviene a tutte le armature.
Artefatto e scultura sono due universi non comunicanti, due rette parallele che non si incontrano mai. Il primo può essere sostegno indispensabile all’opera, ma resta estraneo ad essa, non riguarda le sua anima, è solo una soluzione tecnica per installare il lavoro.
Sono molti i supporti e le parti meccaniche che Alberto ha creato al tornio per celebrare le sue opere. Non ne fanno parte, anche se le completano,
La loro precisione può affascinare, ma non emoziona.
La differenza è tutta lì, in quell’abisso insondabile tra ammirazione e sentimento.